una sala prove dell’800
Fosse stata una nave avrebbe avuto la chiglia di quercia e il fasciame di abete, due o tre alberi e un carico di cotone egiziano, avrebbe vissuto nel Mediterraneo con comodo e avrebbe navigato dal Nord Africa fino ai nostri porti, o magari – con un comandante più esperto – oltre le colonne d’Ercole fin dove e oltre portavano le sue carte.
Ma non è stata una nave. È una piccola stalla dove vivevano un paio di mucche e dove venivano ricoverati gli attrezzi per lavorare un pezzetto di terra, qualche piana d’uliveto e sett’otto filari d’uva, giusto per fare il vino per un anno, qualche damigiana.
È fatta di sasso di fiume nelle pareti e di pietra di cava negli angoli, il tetto e i solai di legno e il trave centrale, il suo albero maestro, era stata una casa per milioni di termiti qualche decennio prima del nostro arrivo, già qualche anno fa.
L’impresa più grande, dopo la ricostruzione del tetto, fu proprio la sostituzione del trave centrale. Ne trovammo uno di castagno. Ce lo regalò Pasquale, il papà di Massimiliano, faceva il muratore e forse gli era avanzato da qualche lavoro o era il superstite di una demolizione, non si sa, ma era bello come è bello adesso e ci dicemmo che sarebbe durato altri cent’anni. La sera che lo mettemmo su eravamo in otto e a momenti un nostro amico ci rimaneva sotto. Alla fine andò tutto bene e fummo contenti come alla fine di un’impresa. Il trave è ancora lì che tiene tutti i nostri strumenti e se i sassi delle pareti non cederanno alla stanchezza della troppo poca calce, ci starà ben oltre le nostre esistenze.
Questa da molte stagioni è la nostra sala prove, di lì si parte e lì si torna quando andiamo a suonare, di lì parte un nuovo pezzo, lì arrivano i dischi finiti, lì finiscono le prove e si accumula polvere, bottiglie e quell’insondabile privilegio che è essere un gruppo nella sua sala prove, dell’ottocento.
Lug
2016